lunedì 28 novembre 2011

Gran Turismo

Settimana molto intesa non dal punto di vista delle lezioni (quasi tutte annullate per esami e altre ragioni a me sconosciute); forse non riesco a ricordare tutto quello che ho visto, ma grazie all'aiuto della mia fedele compagna di avventure istanbuliote Lucia posso fare una lista abbastanza fedele: martedì è toccato al pezzo forte aya sofya, moschea blu e cisterna (le cose più importanti diciamo da vedere nella zona storica di Sultanahmet). Mercoledì invece è toccato al Gran Bazaar: un mondo di negozi in un bellissimo contesto ma che purtroppo offrono quasi tutti la stessa merce. Nelle parecchie volte che mi sono recato al Kapalı Çarşı (mercato chiuso il suo nome in turco) non ho mai trovato tante cose che mi sarebbe piaciuto prendere, solo una maglietta di calcio poco originale e forse un narghilè. Stavolta, anche grazie alla grassa voglia di acquisti femminile ho trovato delle camicie che usano gli uomini del posto, molto chic ma semplici nella loro eleganza. In futuro le prenderò di sicuro. Giovedì: piccola aya sofya, una ex chiesa fondata poco prima della più grande aya sofya, un gioiellino simbolo della coesistenza di culti diversi in un luogo solo. Piccolo rammarico: chissà che bellissimi mosaici ci sono sotto l'intonaco bianco che ricopre del tutto le pareti dell'edificio (l'idolatria è inconcepibile nell'islam, per questo le moschee hanno solo motivi floreali e nessuna icona, anche perché "distrarrebbe" il fedele nell'atto della preghiera). Dopo abbiamo solo il tempo di vedere le rovine del poco distante palazzo Bucoleon, completamente in rovina (con case abusive costruite sopra o che addirittura usano pareti del palazzo stesso, una cosa da pazzi). Venerdì: giro abbastanza lungo, partendo da Karaköy per mangiare un balık ekmek (panino con pesce) passando poi il ponte di Galata a piedi all'altra parte fino a Sultanahmet dove visitiamo il museo delle opere d'arte turche e islamiche: bellissimo museo, pieno di tappeti antichi e corani decorati in maniera maniacale, da fare invidia ai nostri vecchi monaci amanuensi. Ancora più sorprendente è il museo della banca del lavoro a Eminönü (Iş Bankası). Entrati solo perché il biglietto è gratis, ci siamo ritrovati nella sede storica della banca, ristrutturata e visitabile in ogni suo angolo: gli uffici, i posti dietro i banconi con gli sportelli di ferro, addirittura il caveau con tutte le cassette di sicurezza e le cassaforti protette da massicci portoni. Da visitare assolutamente. Soddisfatti della visita usciamo e ci concediamo una bella cioccolata in una pasticceria vicino, in pieno stile ottomano. Da lì cominciamo un piccolo tour delle moschee della zona: prima quella di Eminönü, la moschea Nuova (Yeni Camii): un gioiellino anche questo. Per andare a quella successiva passiamo per il Bazaar delle Spezie (Baharat Çarşısı) molto più piccolo dell'altro bazaar ma molto ben fornito in ogni caso. La moschea Süleymaniye è considerata il capolavoro dell'architettura ottomana: in effetti è forse la più grande e impressionante tra le moschee che ho visto. Inutile descrivere cosa si prova, bisogna starci dentro. Per cena vado a casa di Lucia a Merter, giusto una fermata di metro dopo quella per Davutpaşa, il secondo mio campus. Un posto periferico ma tranquillo. Unica cosa da segnalare: cena con çorba (la loro minestra) della Knorr, venuta egregiamente, seguita da una frittata con wurstel. Per tornare poi a casa ci metto almeno un'ora e mezza, colpa sia della notevole distanza che dei servizi scarsi in ore notturne. Strano per esempio che alle 23:35 chiudano la funicolare e altri mezzi, sarà per via dei tassisti, un esercito di automobili a Istanbul, pari alla metà dei veicoli in circolazione? Molto probabile. Sabato: nulla fino a sera, quando organizzo una cena a base di cotolette di pollo con patate. Si sente che ho nostalgia di casa. Segue concerto jazz in un locale in Istiklal Caddesi con Lucia, Idil, la sua coinquilina e il ragazzo di quest'ultima, che suona la tromba nel complesso. Concerto molto godibile, peccato essere tornati presto. Domenica: tutto già organizzato, con partitella di calcio e bagno turco insieme ad altri erasmus. Punto di ritrovo a Beyazit alle 12:00. Peccato che non riusciamo a scovare in piazza il gruppo che dovrebbe giocare con noi, scambiando addirittura alcuni ragazzacci che ispirano ben poco a quelli che sarebbero stati gli avversari e compagni di squadra. Vabbè. Al posto della partita siamo andati io e Lucia al museo della tecnologia e della scienza islamica, già descritto in un altro post. Bello come sempre. Appuntamento per hamam alle 15 sempre fermata Beyazit: stavolta non sbagliamo e ci ritroviamo con altri italiani. L'esperienza dell'hamam è stata bellissima: basta un asciugamano fornito dai panzoni addetti ai massaggi e si entra in questo grande "tempio del vapore", costellato in ogni angolo da fontanelle con rubinetti ad acqua calda e fredda, tutto in marmo vecchio di 500 anni. Niente male. Ogni fontanella ha una bacinella da riempire d'acqua per sbattersela e rovesciarsela a piacimento sul proprio corpo. Dopo arrivano i panzoni che ti fanno il massaggio, in due fasi: prima da seduto con un guanto ruvido ti insaponano e ti grattano per bene per togliere la pelle sporca e le impurità che il vapore ha espulso dal corpo; dopo questa bella rastrellata vieni passato al massaggio da sdraiati, sempre insaponando, e con polso esperto piegano e scrocchiano gambe, braccia e schiena; sentire grida di dolore, a volte semplicemente burlesche, non è raro. A proposito di goliardia: non sono mancate le gavettonate di acqua fredda, a cui ho partecipato pure io molto volentieri.

lunedì 21 novembre 2011

Sviluppi

Scrivo sempre più raramente sul blog, anche perché le novità degne di nota si esauriscono col tempo.
Posso dire però che la lezione privata è andata meglio di quanto pensassi. E' stato anche utile andare a lezione dal professor Grassi per capire un po' come muovermi. A proposito del professore, con lui ho il giorno dopo il primo esame del mio erasmus: rigorosamente in italiano. Eh lo so, non molto professionale. Ma fare un esame in turco facendo fatica in due era perlomeno una cosa assurda. Un bel esame orale sulle cause della prima guerra mondiale, il capitalismo, i totalitarismi, la cultura di massa, il fascismo e via dicendo. Una chiacchierata stile esame di ca'foscari e via spedito. La prossima volta ci sarà da sgobbare, ma cerco di non pensarci troppo. Il giorno seguente mi trovo ancora con Lucia, e andiamo insieme in una famosa pasticceria in Istiklal Caddesi, il cui dolce di punta è un profiterol che trasuda di crema al cioccolata sopra. Non male nè troppo pesante, ma entrambi ci aspettavamo di meglio. Poi decidiamo di andare al Museo Militare, vista anche la brutta giornata di pioggia che impedisce una passeggiata piacevole. Scelta azzeccata: il museo è enorme e molto ben fornito. Ci sono armature, pugnali, scimitarre, pistole, fucili (alcuni mastodontici) ottomani e non solo; persino certi elmetti italiani e del nord italia che si possono trovare identici al museo delle armi a Brescia. Anche il reparto delle armi a distanza, cioè prima guerra mondiale, è ben rifornito (anche considerando che per loro è stata la fine e l'inizio di un'epoca). Sicuramente andrò un'altra volta a farci visita, non solo con alcuni amici che non vedono l'ora di gustarselo ma anche perché devo prendere un magnete di un soldato ottomano che non sono riuscito a prendere perché era chiuso lo store del museo.
Da venerdì a domenica invece è stato un weekend anatolico, sempre nella capitale, sempre a trovare la dolce metà ma stavolta anche con Lucia. Ne ho approfittato per rivedere quel (poco di degno) che c'è da vedere ad Ankara, e per vedere anche cose che non avevo ancora visto: per esempio le terme romane, in pieno centro città: scavate solo nel 1931 ma ancora da riportare davvero alla luce del sole, è un edificio di media grandezza con un ampio cortile e una piscina. Intorno sono state rinvenute molte tombe e lapidi sia del periodo romano che bizantino. Durante la visita del complesso archeologico si capisce come gli scavi siano stati fatti in modo molto approssimativo, che ci sarebbe ancora tanto da scoprire ma non c'è la volontà da parte delle istituzioni turche di finanziarli. A conferma di ciò anche una studentessa che abbiamo trovato sul posto mentre scavava insieme ad altri volontari, che ci riferisce delle richieste di scavi estivi rimaste inascoltate e della concessione di un solo mese (novembre) per lavorare nel sito. Troppo poco. Probabilmente al governo turco non interessa sfruttare il proprio patrimonio artistico, perché i soldi ci sono eccome, sono solo usati in maniera diversa: per esempio costruendo centinaia di palazzoni orribili ovunque in Turchia. Per capire meglio quello di cui sto parlando calza a pennello la tappa successiva del nostro tour: monumentum ancynarum, tempio romano in stato piuttosto buono con attaccata una moschea in una piazza restaurata circa 20 anni fa in modo più che pessimo: strutture esagerate e senza gusto estetico, porte a sistema trilittico in cemento, sul nulla. Poco distante alcune vecchie case ottomane ristrutturate accanto ad altre prossime al collasso: la Turchia è così, una contraddizione dopo l'altra. Sulla via del ritorno poi nell'autogrill troviamo un punto "ricarica batteria" di cellulare, con le prese per tutti i modelli, disponibile pagando una lira. Da queste piccole cose si capisce come i turchi siano a volte molto più avanti di noi nel rendere pratico il vivere quotidiano mentre invece sono ancora molto indietro per altre cose. Forse perché corrono e si dimenticano di andare per gradi nel cambiamento. Questo fine settimana è stato utile anche per considerare un aspetto molto interessante della cultura turca, cioè come funziona la pubblicità, la musica, la televisione in questo paese. Cercherò su internet un po' di materiale, poi se le mie teorie troveranno conferma nei fatti vedrò di spiegare in breve in un altro post le dinamiche della società turca

lunedì 14 novembre 2011

Bayram e tortelli

Ebbene sì. Si ritorna sui banchi. Dopo la mia prima "festa del sacrificio" mi sento un po' più leggero. Per fortuna sono riuscito a non assistere ai tanto temuti sgozzamenti di montoni, mi sono tenuto ben alla larga e la dea bendata mi ha dato una mano. Dopo il bel giro sul Mar Nero ho passato, spesso in compagnia di Lucia (compagnia piacevolmente molto presente visto le sue disavventure che spiegherò in breve poi) tranquille giornate nella bella Istanbul. Giro pomeridiano a Kadıköy alla ricerca principalmente degli ingredienti per fare i tortelli di zucca casarecci; poi ovviamente è degenerato nello shopping e nel mangiare tiramisù in pasticceria. Sotto le preziose istruzioni della Mamma (M maiuscola) siamo riusciti in effetti a fare dei tortelli di zucca decenti, nonostante qualche difficoltà che coglie immancabilmente i principianti assoluti: la pasta deve essere continuamente infarinata, non deve attaccarsi al rullo (leggesi "bottiglia di birra"), i tortelli devono essere chiusi per bene e il ripieno sigillato all'interno (facile a dirsi): all'inizio in un misto di disperazione e stupidità abbiamo buttato dentro il panetto ancora da stendere i tortelli venuti male con dentro ancora il ripieno. Il pasticcio non ha guastato per fortuna il risultato finale, che considerando il fatto che è la prima volta che li facevamo ha superato la sufficienza piena: anche i nostri "osservatori internazionali", cioè Özgür ed Ezgi (amica del mio coinquilino già citata in un post) hanno apprezzato. Grazie a questa ricetta ho per fortuna appurato la presenza sul mercato di foglie di salvia, elemento per me essenziale in certe ricette (e che adoro). Il basilico manca e mancherà sempre all'appello: non esiste proprio in Turchia. Mi viene male solo a pensarci; e pensare che lo ritenevo diffuso dappertutto. Come farò il pesto in casa? Mannaggia.
Özgür intanto si scopre cuoco e cucina per tutti il menemen: una specie di frittata con uova, cipolle, peperoncino e pomodoro. Venuto piuttosto bene, complimenti a lui. La sera usciamo tutti insieme ancora a Kadıköy: zona soprattutto di locali per uscire di sera, molto grande e piuttosto carino; dal mio punto di vista meglio della arcinota Istiklal Caddesi e di piazza Taksim: qui ci sono troppi turisti, è troppo caotico e molto più lontano da casa mia (10 minuti in bus e sono a Kadıköy, a Taksim invece ci metto 45 minuti e già arrivare stanca per la calca di gente). A Kadıköy andiamo in un bellissimo pub su 4 piani interamente in legno, nella penombra e molto intimo come ambiente. Due bei boccali di birra e una chiaccherata ci stanno tutti. Usciamo e il freddo pungente dell'una di notte ci convince a prenderci una çorba alle lenticchie, la minestra nazionale turca. A loro detta è l'ora perfetta per berla.
Soddisfatti per la serata, progettiamo la seguente che coincide con liete notizie provenienti dall'Italia; inutile dirlo ma era un momento atteso da troppo tempo. Peccato che non festeggiamo come si dovrebbe, ci facciamo solo una passeggiata notturna in un quartiere modaiolo sulla costa del Bosforo: Bebek. Incuriosito dalla sua fama non mi ha esaltato un granché: riccastri con auto costose, locali lounge, traffico, discoteche: tutto su una sottile striscia di terra nelle immediate vicinanze della strada principale; pensavo meglio. Ho preferito invece il vicino quartiere di Arnavutköy: antiche case in legno, tutte bianche strette e molto alte, molto grazioso.
Domani teoricamente ho giornata libera, ma in realtà do la mia prima lezione privata di italiano a un piccolo gruppo di studenti della mia università. Vedremo come me la caverò.    

P.S. Noterete che ho cambiato la grafica del blog, migliorandola spero. Ho inserito anche dei link a sinistra dove potete trovare agevolmente notizie su quello che succede in Turchia, per rendere il tutto più completo e figo ecco.

mercoledì 9 novembre 2011

Oh mare nero oh mare nero mare neee

Una settimana che non scrivo. Ma è Bayram ragazzi (festa) per una settimana, quindi me la prendo comoda pure io a scrivere qui. Nel precedente post dicevo che sarei partito per il giro sul mar nero alle 5:30 di mattina. Rettifico: l'omino al telefono intendeva le 17:30. Al momento di andare a prendere i biglietti sono rimasto di sasso. Con la forza della disperazione riesco a trovare poi dei biglietti che ci portano a Zonguldak, a circa 2 ore e mezza dalla destinazione finale. Non male perché tanto più vicino era impossibile arrivare. Prendo i biglietti al volo e partiamo in allegra compagnia a mezzanotte: Lucia, Marco (catanese di Piazza Armerina) ed io. Il viaggio è pesantino, alcuni di noi non prendono molto sonno ma il sottoscritto ormai c'è avvezzo. Arriviamo a Zonguldak intorno alle 7:30, due ore di ritardo per il traffico mostruoso dell'inizio bayram. Da Zonguldak prendiamo un minibus per Bartın (due orette) poi da lì un altro minibus per Amasra, meeting point col resto della truppa in arrivo da Ankara. Per come stava andando la situazione biglietti non è andata per niente male: abbiamo solo aspettato una mezz'ora l'arrivo degli altri (Giulia, Francesca e Idil). Amasra, paesino di mare di circa 7000 abitanti è diventata col tempo una meta turistica per la sua tranquillità e bellezza naturale ancora intatta per fortuna. Porto molto antico, nota come Amastris e ancora prima citata come Sesamo nientepopodimeno che da Omero. Il piede italico pestò la sua terra per due volte: prima i romani nel 70 a.c. e poi i genovesi nel 1261 quando costruirono una fortezza in parte ancora esistente. Di mezzo c'è pure una chiesa bizantina del 9° secolo a.c., che purtroppo non siamo riusciti a visitare perché chiusa. In giro c'è poca gente, i turisti non sono ancora arrivati e quindi è ancora più piacevole passeggiare per le tranquille vie e litorali del paese, che si articola in un'isola collegata al vicinissimo promontorio con un piccolo ponte. Molto pittoresco. Ad Amasra soggiorniamo una notte, e la scelta dell'alloggio è stata a dir poco ottima: in pieno centro in posizione elevata appartamento da 6 persone nuovo di zecca, vista spettacolare che domina il paese e la spiaggia principale. Meglio di così era difficile. Passiamo due giorni di relax utili per staccare dal caos di Istanbul, ci voleva proprio. Anche il museo di Amasra è degno di essere visitato: molti resti dell'epoca romana sono stati trovati di recente, come busti, teste, statue e oggettistica varia.
Seconda e ultima tappa del viaggio: Safranbolu, città patrimonio mondiale dell'Unesco dal 1994 "per la perfetta conservazione delle case tradizionali". In effetti è vero, da quel momento si sono impegnati molto a Safranbolu per tenere in ordine e restaurare la città da cima a fondo. Potrebbe somigliare a un paesino del Trentino, ma probabilmente è più curato. Anche lì rimaniamo una notte, in un bed & breakfast in una di queste case tradizionali in pieno centro (come sempre). Ottima scelta anche questa, anche l'accoglienza del proprietario è stata davvero calorosa. Tra le cose da vedere in città oltre alle case in sè anche il mercato (che ha riscosso molto successo tra le nostre compagne di viaggio) un antico hamam ancora in uso e un caravanserraglio perfettamente conservato. Pienamente soddisfatto sia delle mete visitate sia della compagnia, sempre allegra e incline a giochi di società (che esporterò sicuramente nel mio piccolo) ce ne torniamo esausti a Istanbul, alle 2 di notte circa.
Nei due giorni seguenti, dedicati allo studio principalmente, tentiamo una visita Lucia, Angelo ed io a Dolmabahçe, enorme palazzo sul Bosforo, ultima residenza di Mustafa Kemal Atatürk. Una fila chilometrica e l'ora tarda ci convincono a cambiare intenzione e andiamo al Museo del Mare da lì poco distante: pochi lo sanno, ma la marina militare ottomana è stata una delle più potenti di tutto il mediterraneo per secoli. Allora ecco qua sale e sale di modelli di navi, ritratti di ammiragli, equipaggiamenti di bordo, strumenti di navigazione, bandiere, mappe e alla fine anche una simpatica sezione dedicata ai bambini (tipo noi): puzzle da completare di navi, ma soprattutto postazioni per fare i svariati tipi di nodi con tanto di istruzioni. Dopo la visita decidiamo di fare un giretto a Ortaköy, un piccolo distretto di Beşiktaş con vista magnifica sul Bosforo e sul vicinissimo ponte omonimo. In un gesto di follia da una libreria di seconda mano mi prendo un volume speciale di Paperino in italiano a 1 euro e qualcosa, poi tocca alla pancia saziarsi: la famosa kumpir di Ortaköy (patata al cartoccio tagliata a metà e riempita con formaggio, wurstel, maionese, piselli e olive) e waffles con nutella, fragole, crema chantilly, zuccherini e granelle di cioccolato sopra. Stasera penso di non mangiare nulla, ma che bontà. Altre delizie culinarie in arrivo, sorpresa.

venerdì 4 novembre 2011

Stress

Due giorni piuttosto intensi, se non metto per iscritto tutto quello che è successo sicuro che potrei dimenticarmelo. Oppure no, perché per necessità dovevo fare mente locale ogni secondo per non fare cazzate. Ci eravamo lasciati la sera quando il giorno dopo avrei dovuto fare da co-cerbero per il professor Grassi. In effetti è andata così: giravo tra le file dei banchi con la tentazione di fare la carogna e impedire che si copiasse, poi sotto la pioggia di richieste di aiuto non sono riuscito a ripararmi. Purtroppo il livello di italiano di questi studenti, pure all'esame, è piuttosto basso. Il professor Grassi non ci vedeva più dalla rabbia, e lo capisco: fa un corso a gratis per fare un piacere e gli studenti, a parte qualche rara eccezione, fanno sempre errori banali (con tutte le attenuanti del caso, tipo la difficoltà della nostra grammatica e la diversità da quella turca) ma che con uno studio adeguato si risolvono. Fatto ciò verso le 13:40 arrivo l'aeroporto per andare a prendere Lucia, compagna di classe a Venezia che frequenterà per un mese un corso di turco a Istanbul. Il viaggio dall'aeroporto fino a Taksim, poi fino a casa mia infierisce sulle nostre già stanche membra. Arrivati a Üsküdar cerchiamo nelle varie agenzie di viaggi un autobus che parta da Istanbul e arrivi a Bartın, una città sul Mar Nero, inizio del tour che insieme a compagne di erasmus nella capitale turca abbiamo organizzato per 3 giorni. La data di partenza coincide con l'inizio del Kurban Bayramı, cioè festa del sacrificio dove dappertutto sgozzano montoni; la festa dura circa una settimana e quindi tutti i turchi ne approfittano o per fare viaggetti tipo noi a Pasqua o per tornare a casa dalle famiglie. Fatto sta che giro 10 agenzie e non riesco a trovare biglietti: o non c'è il servizio o non ci sono più biglietti. Abbastanza giù di morale e stanchi morti torniamo a casa, dove ospito per una notte Lucia. Per tirarci su, programma della serata: carbonara & Crozza. Il suo effetto c'è stato in effetti.
Il giorno dopo di mattina presto arriviamo alla scuola di Lucia e cerchiamo di immatricolarla: alla fine, non senza difficoltà e perdendo tutta la mattinata, riusciamo a farcela. Incontriamo intanto dopo pranzo Şilan, la coinquilina di Lucia che ci porta a casa sua a Kocamustafapaşa, quartiere dove le tracce dei vecchi abitanti armeni e greci si vedono chiaramente dalle antiche case di legno in rovina e dalle numerose chiese. Altra odissea intanto: dobbiamo prendere il letto di seconda mano, fare la spesa, spostare i mobili etc. . La questione dei biglietti del bus non è ancora risolta nel frattempo, e il soggiorno di una notte e il viaggio di ritorno sono già prenotati. Sull'orlo di una crisi di nervi, mi vedo proporre anche un accompagnamento a pagamento in macchina di un amico di Şilan che passa vicino alla nostra meta. Decido di non accettare e la sera stessa trovo dei biglietti per Safranbolu che in qualche modo ci porteranno vicini alla destinazione. Partenza domani mattina alle 5:30, arrivo alle 13:30 circa. L'ennesima odissea.

martedì 1 novembre 2011

Turismo estremo

Ok, lo so che è da un po' che non scrivo sul blog. Le cose da fare qui aumentano di giorno in giorno, difficile starci dietro. Mi giostro fra compiti, mail a professori, organizzazione di viaggi, faccende di casa, ricariche telefoniche e per mezzi pubblici, e occhi malandati. Sì, perché c'ho sto occhio destro che è rosso come un peperone, il motivo è ancora sconosciuto ma spero che con delle lacrime in due o tre giorni passerà; intanto ho inforcato di nuovo, dopo mesi chiusi nella loro scatolina, gli occhiali da vista. Sempre meglio che andare in giro con una lenta e una no, "come un orbo" dice la mamma. L'autunno inoltre bussa prepotentemente le porte, e direi che è nel pieno della sua attività. Almeno la pioggia ha dato tregua, e in questi giorni un pallido sole riscalda un pochino le stanche membra. Di rilevante in questi giorni sicuramente la gita fuori porta a Gordion, antica capitale dei Frigi dal IX° secolo a.c., antica capitale di un impero che arrivava nella sua massima estensione fino ai confini della Siria. Suonerà un campanello se parlo di re Mida, perché proprio in quel sito c'è anche la sua tomba; e forse sarà anche suonato un campanellino a sentire il nome del sito, che ha proprio a che fare con il Nodo di Gordio: il nodo era attaccato ad un carro sul quale arrivò colui che, secondo la leggenda, sarebbe riuscito a domare i tumulti nell'impero e sarebbe poi diventato re. Chiunque riesca a sciogliere il nodo sarebbe diventato padrone dell'Asia. Quando arrivò Alessandro Magno nel 333 a.c. a Gordion cercò, invano, di sciogliere il nodo. In un accesso d'ira lo tagliò di netto con una spada, cosa che non gli impedì poi di conquistare per davvero tutta l'Asia. Secondo alcuni la sua morte prematura è la punizione per il suo imbroglio nello sciogliere il nodo.
Tuttavia il giorno prima della partenza la proposta non suscita entusiasmo negli altri partecipanti; per fortuna mi impunto e abbiamo anche fortuna che un amico di amici riesca a portarci (pagando una miseria, 10 lire) fino al sito archeologico in macchina, percorrendo circa 90 km dalla capitale turca. Essendo 7 persone, uno della comitiva è costretto a stare scomodamente nel bagagliaio (no, non io per fortuna). Il sito è immerso nel nulla più totale: vicino c'è solo un piccolo villaggio di 290 abitanti, poi il nulla per chilometri: solo vaste colline aride dove a tratti si possono vedere anche appezzamenti di erba secca bruciata. Nella sua desolazione non è poi così male. Una ampia e lunga strada sterrata ci conduce al museo (piccolo ma pieno di oggetti interessanti, merita) e all'antistante tomba di re Mida, una piccola montagnetta, tecnicamente un tumulo al cui interno si trova la più antica struttura mai scoperta in anatolia, forse in tutto il mondo. Poi siamo passati alle rovine dell'acropoli: peccato che non era per niente curato il sito, sono 50 anni che nessuno scava e la strada per arrivarci era sterrata e nessun cartello per trovarlo. Però la visita si guadagna un bel 8, anche perché i momenti comici non sono mancati: tipo, far ripartire la macchina spingendola in un campo di cipolle (delle quali me sono intascato due o tre come ricordo). Domani mi aspetta una sessione di esami di italiano, ovviamente sempre dall'altra parte del banco: dovrò vigilare affinché nessuno copi e forse anche correggere. Vediamo come andrà, alla prossima!