mercoledì 12 ottobre 2011

Cose da turchi

Lungo stop improvviso per il blog, ma dato che è una cosa a cui tengo (e dato che ho bisogno di credere di poter portare a termine degli impegni) decido di continuare questo benedetto diario informatico. Giornate convulse, un po' faticose sia fisicamente che mentalmente. Farò solo una rapida carrellata di aneddoti, in ordine cronologico: torno a casa nel mio quartiere (Üsküdar) e mi capita di assistere a scene dell'altro mondo. Appena sceso dal vaporetto due tizi sulla cinquantina si picchiano come animali in mezzo alla strada (ovviamente spaventosamente trafficata) uno lo picchiava con qualcosa che sembrava una scarpa in testa, furiosamente. L'altro cercava di difendersi in qualche modo. La cosa peggiore è che c'erano almeno 50 persone intorno che assistevano alla scena e non muovevano un dito per separare i due. Disgustato mi prendo il mio bus per Fıstıkağacı e dopo essere sceso altra scena assurda: traffico ancora bloccato, poi petardi, botti, colpi di pistola, non so cosa fossero. Mi riparo un po' allarmato nel primo negozio che trovo ma la gente intorno non pare spaventata: mi dicono poi che è solo una "chiamata alle armi" di un ragazzo che va a combattere i curdi nell'est della Turchia (teatro di scontri sanguinosi da decenni ormai). Si festeggia: dentro le macchine decine di ragazzi urlano slogan gioiosamente, clacson, botti, bandiere turche sulle macchine e giù allo scalo per fare la parata. Non riesco a starmene zitto e parlo con il signore che mi ha spiegato la situazione: che senso ha festeggiare? Quel ragazzo domani può essere bello che morto, e i suoi amici festeggiano. Scrollata di spalle del signore turco, è così che ci vuoi fare?

Di ritorno da dovetiportailcuore (leggi capitale della Turchia) la compagnia di autobus turca più antica e affidabile si scopre non così tanto affidabile: l'autobus per Istanbul della Kamil Koç dopo 80 km prova l'ebrezza di imitare perfettamente una macchina della formula 1 costretta al ritiro. In mezzo all'autostrada lentamente si ferma col fumo che esce dal motore. Aspettiamo un'ora e mezza prima che un altro autobus ci porti alla nostra destinazione. Molti sul bus si lamentano al telefono col servizio clienti della compagnia facendo leva sulla presunta qualità del servizio. Per fortuna non arrivo in ritardo a lezione, ma una corsetta devo farmela comunque. Ah dimenticavo, sotto una pioggia torrenziale. Dicevo che non avevo mai visto Istanbul con la pioggia, beh mi è bastata, va bene così grazie. 
Finalmente in università pare che si ricordino dell'esistenza di ragazzi disorientati chiamati "erasmus", e con un ritardo di 3 settimane organizzano un cocktail party (analcolico ovviamente, siamo in Turchia) nel  ristorante sul tetto della sede centrale. La vista è mozzafiato: la sede centrale è in Barbaros Caddesi, un lungo viale in pendenza che termina con lo scalo dei vaporetti in basso. La sede è più o meno a metà del viale, cosa che permette di godere di una vista eccezionale sul Bosforo e sul ponte omonimo. Scopriamo anche che gli italiani pullulano nella nostra università, ma conosciamo anche altra gente (soprattutto spagnoli, tedeschi, polacchi). Dopo un'oretta di socializzazione ci spediscono fuori a calci in culo e alle 20 di sera, stanco me ne torno a casa. Ad attendermi Özgür con un fumante narghilè appena riparato (sììì..) e una sua amica, Ezgi. A questa ragazza devo un particolare ringraziamento perché non avrei trovato la casa dove sto ora senza conoscenze comuni, e lei è un anello fondamentale della catena. Segue un film horror spagnolo, "L'orfanotrofio". Non esattamente il genere di film che preferisco, ma godibile nell'insieme. 

Il giorno seguente sono sempre alla ricerca di una o due lezioni che mi soddisfino e che non siano troppo difficili da seguire: forse quella di oggi sarà confermata nel mio programma. Fondamentalmente si tratta di influenze teatrali straniere sul teatro turco, con buon apporto firmato Italia. Tra l'altro è un esame che completa anche l'altro corso che sto seguendo, Storia e Cinema (tosto perché ci sono compiti a casa, riassunti e lezioni in turco) ma si sa, sono erasmus e i professori sono buoni e mi dicono docilmente: fai quello che riesci a fare. E io seguo il consiglio. Di ritorno dal campus in culo ai lupi prendo uno dei bus per studenti che portano alla fermata del metrobus (una sorta di autobus oblungo con corsia preferenziale fra le due carreggiate dell'autostrada, risultato: no traffico e va via che è un piacere): peccato che il traffico non ci faccia muovere di un metro per troppo tempo, tanto che a spallate arrivo alla porta dell'autobus e dico che voglio scendere. 30 ragazzi che forse pensavano di fare la stessa cosa ma stavano fermi sono scesi con me. Capopopolo. Mi dirigo adesso verso Istiklal Caddesi, la via pedonale e dello shopping più importante a Istanbul, per prendere un dizionario turco-inglese inglese-turco in libreria. Perché non italiano? Perché fanno tutti schifo e sono pieni di errori. Ma un giorno ne approfitteremo io e Giulia Basso (compagna di avventure turco-mongole ehehe) per fare finalmente il dizionario di Turco-Italiano Italiano-Turco "Falchetti-Basso", o meglio ancora "Il Falchetti-Basso". Tornando alla realtà, prendo il dizionario e mi accorgo di essere alla fine di Istiklal Caddesi, precisamente a Tünel, capolinea del tram "nostalgico" che percorre in lunghezza tutta la via. Non è molto diverso da quelli che si vedono a Milano, forse ancora più nostalgico. Finalmente ho l'ebrezza di poter viaggiare su questa piccola nave su un mare di gente che invade Istiklal Caddesi ad ogni ora, mattina notte estate inverno che sia. Sarà meglio sfruttare (o testare) la bontà del dizionario, saluti turchi! 

Nessun commento:

Posta un commento